PROFESSIONE CIRCO

PROFESSIONE CIRCO

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Il Circo è da sempre un’arte. Oggi per tanti è anche un’attività ludica da praticare nel tempo libero, ma è sempre più evidente che il circo è soprattutto una professione seria e rigorosa, un’opportunità lavorativa con numerosi sbocchi professionali. Il tasso occupazionale degli artisti formati presso la Scuola di Cirko Vertigo si colloca intorno al 95 %. Gli artisti diplomati, quando non scelgono di proseguire la formazione nelle Università di circo di Parigi, Bruxelles o Stoccolma, fondano delle proprie compagnie (come Circo Zoè, i Nanirossi, Na Esquina, Cirque Exalté, Lapso Cirk Kolektiv, Cie MPTA, …), aprono delle Scuole di circo (Spaziobizzarro in Brianza, Spazio Nest a Padova, Sbocc a Cardano al Campo, Artematta a  Gragnola, …), trovano scrittura in compagnie internazionali di circo (come Cirque Farouche Zanzibar, Cirk Vost in Francia, Liberidi Physical) o danza contemporanea (Alain Platel) oppure ancora sono selezionati come attori e performer per opere liriche e teatrali presso Arena di Verona, Teatro Regio di Torino, Teatro Regio di Parma collaborando con attori e registi del calibro di Albertazzi, William Friedkin e Hugo de Hana.

Il settore è in piena espansione e se quindici anni fa, quando ha preso il via il progetto Vertigo era difficile reperire formatori in grado di insegnare le discipline del circo, oggi la formazione dei formatori è un tema molto attuale, centrale nell’agenda della Federazione Europea delle Scuole Professionali di Circo (FEDEC).  Nei prossimi giorni, infatti, l’insegnamento delle arti circensi sarà oggetto di un meeting internazionale che porterà a Grugliasco, ospiti della Fondazione Cirko Vertigo, trenta tra i massimi esperti delle tecniche circensi finalizzato alla stesura di un manuale sull’insegnamento della pedagogia del circo, contribuendo a definire il profilo europeo della professione di insegnante in arti del circo ed elaborando delle linee guida per i sistemi di certificazione nazionali e europei.

Il Circo contemporaneo, dunque, è sempre più un settore produttivo importante, che offre opportunità formative e professionali e nel quale l’aggiornamento professionale è un requisito fondamentale.

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Riccardo III e Le Regine. La relazione tra potere e femmineo per Oscar De Summa

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A novembre 2016 ha debuttato il nuovo allestimento dello spettacolo “Riccardo III e le Regine” scritto, diretto e interpretata da Oscar De Summa, affiancato in scena da Isabella Carloni, Silvia Gallerano (già protagonista del monologo “La Merda”), Marco Manfredi, Marina Occhionero. Un lavoro in cui De Summa indaga la relazione tra potere e femmineo, il dominio maschile sulle donne e la violenza nelle relazioni sentimentali.

Tra i maggiori talenti teatrali degli ultimi anni, capace di esprimersi con successo di pubblico e critica nella doppia veste di autore e di attore Oscar De Summa prosegue il suo lavoro nella direzione di una rivisitazione in chiave pop dei classici shakespeariani. Spettacoli che, come ha avuto modo di scrivere sulle pagine de Il Corriere della Sera il critico teatrale Franco Cordelli, “risplendono della più bella prosa italiana, non solo teatrale, in cui mi sia imbattuto negli ultimi anni”. A riprova di ciò De Summa nel 2015 è stato finalista al premio Ubu, l’Oscar del teatro italiano, mentre nel 2016 ha vinto due riconoscimenti importanti, il premio Hystrio Anct e quello assegnato da Rete Critica, l’associazione che riunisce in una struttura informale i siti e i blog di informazione e di critica teatrale.

Lasciamo ad Oscar De Summa raccontare questo ultimo lavoro che andrà in scena sabato 25 febbraio presso lo Chalet Allemand di Grugliasco per soli 90 spettatori, nel cartellone della Stagione Eccentrika. Vi proponiamo un’intervista radiofonica (a cura di Rodolfo Sacchettini per Rete Toscana Classica) in cui De Summa spiega le motivazioni e i temi alla base di questo lavoro.

Vi lasciamo una bella recensione a cura di Francesca Ferrari, collaboratrice nella redazione spettacoli de La Gazzetta di Parma, che ha visto lo spettacolo a gennaio 2017.

RECENSIONE “Applausi per…” (da “Teatropoli”)

Nel vedere lo spettacolo ideato, diretto e interpretato da Oscar De Summa sul palco del Teatro delle Briciole insieme a una grandiosa triade di attrici (le regine, anche su un piano recitativo, Isabella Carloni, Silvia Gallerano e Marina Occhionero) e al versatile Marco Manfredi (impegnato alla consolle audio-luci, a lato della scena, e così pure nel ruolo del connivente cugino Buckingham), verrebbe quasi da pensare a una frase interpretativa di sintesi: colui che sa usare il linguaggio e ne padroneggia le strutture più profonde, le forme più articolate, può davvero governare il mondo. E può, altresì, dominare la scena teatrale, dove il mondo si fa rappresentazione di se stesso, anche nelle sue aberrazioni.

Nel lavoro di De Summa, il protagonista è, soprattutto, questo: un grande affabulatore e abile dissimulatore. La sua deformità fisica che tanta densità di significati aveva nell’opera shakespeariana, viene solo accennata, ridotta a una leggera claudicanza, e quindi secondaria nella geometria generale di un allestimento che vuole indagare la straordinaria forza manipolatrice della parola. Riccardo è padrone assoluto di un eloquio che sa serrare in discorsi concitatissimi, al limite della comprensione, dilatare in respiri, pause e sussurri, carichi di potere seduttivo, o addirittura disperdere in smorfie e battute capaci di far sorridere, seppur amaramente per la stridente ironia ingenerata in un’atmosfera dark, cupa e greve. Ogni passaggio della messinscena è determinato dal rapporto fra quel linguaggio, come espresso dalle volute interpretative di De Summa, e l’attenzione esercitata sui due principali poli ascoltatori della sua arte oratoria: le regine del testo (vale a dire Elisabetta Woodville, Margherita D’Angiò, la Duchessa di York e, in ultima istanza, Lady Anna) e il pubblico in sala. Così, se nella relazione dialogica con le prime quello che si realizza è l’apogeo del dominio maschile, espresso nel desiderio spasmodico di assoggettare il femmineo in tutti i suoi diversi aspetti (con le regine che vanno a incarnare le distinte personalità di una stessa divinità muliebre, satura di dolore e odio), di piegare la controparte ritenuta debole alla propria diabolica ambizione di diventare Re, nel rapporto diretto con lo spettatore De Summa/Riccardo si fa complice e istrione. Negli “a parte” mormorati con voce calda e suadente a un microfono, sul proscenio, Riccardo spiega e istruisce, assumendo su di sé il mandato scenico di Maestro del Male, ma secondo modalità espressive familiari e intime che conducono oltre la forza poetica della figura archetipica tradizionale, sul terreno di una improvvisa simpatia e affabilità. “Tu fai qualcosa d’illecito e poi incolpi qualcuno. Trovi un punto debole in qualcuno e poi colpisci lì. Seguitemi…”.

Ed è con quel “seguitemi”, ripetuto in più momenti, all’apertura di ogni nuovo quadro scenico (con un disegno luci che va fotografando gli scatti emblematici della delittuosa ascesa al trono/discesa morale), che siamo accompagnati nell’Io di Riccardo, quasi macchiandoci noi stessi, ma con coscienza stavolta, della colpa nell’averne accolto il subdolo invito. Eppure, nel corso della storia, è lo stesso Riccardo a invocare l’assoluzione “Io non sono stato più crudele della natura e del tempo” e ancora “Non sono gli eventi a determinare gli stati d’animo ma il significato che diamo loro”. E dunque che significato possiamo dare noi spettatori, resi partecipi e consapevoli, a tante morti inutili ? Come possiamo giustificare il corteggiamento a Lady Anna sulla bara del marito di lei e l’inveterato atteggiamento sprezzante e denigratorio nei confronti dell’altro sesso ? Il potere non può, quindi, che fondarsi sull’uccisione degli avversari e sugli intrighi a danno di donne e giovani imberbi come il principe ereditario ?

La scena va confermando, nella sua oggettivazione, questa visione, con un trono ligneo, eretto al centro ma costruito su una tomba della medesima materia, come facente parte di un unico blocco/struttura, e con croci soltanto a fare da ornamento. Incombe su di esso un telo-sipario (o un gigantesco sudario ?) che verrà strappato da Elisabetta, dopo la morte del sovrano consorte e, una volta lasciato cadere, svelerà a spettatori e personaggi tutto lo spettacolo delle malvagie trame di Riccardo. Musica gothic-celtic e contaminazioni sonore hard, parimenti ai costumi punk rock, partecipano incisivamente a creare, calandola in una manifesta dimensione contemporanea, una consonanza tragica, segno del destino scandaloso o luttuoso ma comunque senza scampo, delle regine; in primis di Lady Anna, che riuscirà a convolare a nozze con il nuovo Re Riccardo solo iniettandosi una dose di eroina -impossibile non volgere un pensiero alla disperazione raccontata nell’altro applaudito spettacolo di De Summa “Stasera sono in vena”- e maledicendosi poiché “carne in rovina condannata da me”.

Forse, nell’insieme, non tutto scorre e funziona con quella precisione che il capolavoro originale, da cui prende parziale avvio (alcuni passaggi sono stati, invece, scritti e organizzati nella costruzione drammaturgica) meriterebbe, ma l’operazione teatrale compiuta appare, comunque, poderosa, allineando perfettamente su una battuta conclusiva di Riccardo “La mia coscienza ha mille lingue diverse” e sull’occorrenza finale della parola “colpevole !”, gridata ripetutamente dal protagonista, il suo senso ultimo e più pervasivo. 

a cura di Francesca Ferrari
collaboratrice nella redazione spettacoli de La Gazzetta di Parma

Kai Leclerc l’uomo che cammina a testa in giù

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Fino all’8 gennaio Cirko Vertigo propone al Teatro Le Serre di Grugliasco la nuova produzione Vertigo Christmas Show. Protagonista e filo conduttore dello spettacolo è il camaleontico Kai Leclerc, versatile clown canadese che ha collaborato con le più importanti produzioni di spettacolo dal vivo del mondo, da Las Vegas a Broadway, al Festival Internazionale del Circo di Monte Carlo, in grado di camminare a testa in giù a oltre otto metri di altezza, di trasformarsi in ventriloquo o in un pantagruelico tenore tutto pancia, che canta arie napoletane e danza con leggiadria sulle punte come una étoile del balletto classico.

Di nazionalità canadese, ma nato e cresciuto a Milano, Kai Leclerc si è formato in storia delle arti e della letteratura all’Università di Montréal prima di dedicarsi allo spettacolo dal vivo. Attore autodidatta e prestigiatore, crea lo spettacolo d’illusione acrobatica Ceiling Walker, con il quale ha lavorato in oltre 60 paesi di tutto il mondo. Ha al suo attivo scritture in molti teatri, variété e programmi tv come il David Letterman’s Late Night Show (USA), Ceasar’s Palace di Las Vegas (USA), Broadway (USA),  Circus Roncalli (D) e il famoso Ringling Brothers and Barnum & Bailey Circus (USA), il più grande circo del mondo che si sviluppa su tre piste nei grandi palazzetti dello sport americani. Per il piccolo schermo ha lavorato in quattro diverse edizioni internazionali dello show “Got Talent”. Ha collaborato con il celebre clown elvetico Dimitri e con la figlia Masha in diverse occasioni, tra cui lo spettacolo “La Famiglia Dimitri”  con il quale ha preso parte ad una fortunata tournée  teatrale in tutto il mondo. E’ un inventore, regista e produttore di numerose performance aeree visuali e numeri di illusionismo per produzioni teatrali e circensi. Il suo lavoro è stato premiato nei festival di Monte Carlo, Wuhan e Zhuhai (Cina) e Mosca.  Nell’estate 2016 Kai Leclerc ha lavorato a Ibiza alla produzione del dinner show Heart diretto da Guy Laliberté, fondatore del Cirque du Soleil.

UP SIDE DOWN, IL MONDO CAPOVOLTO

L’Upside Down denominato anche “Ceiling Walk” ossia la “passeggiata sul soffitto” è il numero più popolare di Kai Leclerc che lo vede librarsi con disinvoltura a testa in giù a grande altezza e con il quale ha lavorato davvero in tutto il mondo. Per metterlo a punto Kai ha tratto ispirazione da alcune stampe del 1909 rinvenute in un volume sull’illusionismo. Su questi documenti la performance veniva chiamata “The Human Fly” (in italiano sarebbe “l’uomo mosca”). La tecnica utilizzata allora era decisamente rudimentale e non priva di rischi per l’artista che la portava in scena. Sovente capitava, infatti, che l’artista perdesse la presa e cadesse nella rete di protezione. Partendo da questa idea, e applicando moderne e sofisticate tecnologie, Kai Leclerc ha iniziato ad approfondire la ricerca e la pratica su questa disciplina. Dopo due anni di studi, ricerche e allenamenti ha messo a punto una tecnica di cui è depositario e inventore e di cui possiede il brevetto. Il primo spettacolo è avvenuto nel 1996 al Caesar’s Palace di Las Vegas in uno show diretto da Guy Caron, cofondatore del Cirque du Soleil. Da lì una serie di contratti di grande prestigio. Sono passati oltre cento anni da quando i primi artisti ritratti in quella stampa d’epoca hanno proposto una esibizione simile. E venti dal debutto ufficiale di Kai che oggi oltre ad essere l’interprete principale di questa esibizione è il maestro di allievi che presentano questa performance in tutto il mondo con particolari adattamenti agli spettacoli che la ospitano. Alla fine del suo numero il pubblico si pone sempre la stessa domanda…ma come fa?

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#NoiFUNDER35

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 #NoiFUNDER35  – donare significa condividere la gioia di realizzare sogni e progetti concreti

Nel 2015 Cirko Vertigo ha iniziato un percorso di avviamento alle attività di Fundraising sotto la guida di Simona Biancu e Alberto Cuttica consulenti di EngagedIn, specializzati nella formazione su fundraising e filantropia strategica per organizzazioni nonprofit. Grazie a Funder35 è stato possibile consolidare queste attività e svilupparle ulteriormente. Il contributo ha permesso di inserire nel personale una risorsa dedicata che ogni giorno sviluppa la strategia definita durante il periodo di consulenza.

Fare raccolta fondi è un’esperienza bellissima che va molto oltre il reperimento delle risorse economiche in sé. Si tratta in primo luogo di sviluppare relazioni umane, conoscere persone, condividere i progetti e cercare chi, come noi di Cirko Vertigo, crede nella possibilità di rendere reali i sogni coltivando il talento dei giovani artisti e portando in scena spettacoli che possano emozionare profondamente il pubblico.

Il circo cambia la vita: ne sono testimonianza le storie degli artisti, degli ex-studenti del corso professionale, degli insegnanti, degli spettatori. L’incontro con questa arte così variegata e multiforme affascina e qualche volta rapisce diventando un’occupazione professionale a tempo pieno.

Grazie a Funder35 possiamo raccontare queste storie agli spettatori, ai direttori delle Aziende e a tutte le persone che ogni giorno incontriamo durante il nostro lavoro. Possiamo condividere le emozioni, la passione e i sogni di tanti giovani artisti. E possiamo insegnare la gioia di donare. Perché il dono è sempre una porta che si apre sulla condivisione di valori e obiettivi. E la gioia di un progetto che si realizza è una fantastica emozione che siamo fieri di poter condividere con tutti i nostri sponsor e sostenitori.

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Exit: verso nuovi inizi…

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Il mano a mano è una “prova d’amore”, i tessuti e la Roue Cyr il modo per specchiarsi e dare immagine a paure passate e sogni da realizzare, il trapezio è dura realtà o passione ardente, il filo è l’eterno gioco d’equilibrio tra risata e malinconia, la scala in movimento un luogo da scoprire. Tutto in una commistione di corpo, testa e attrezzo. Quattordici quadri, quattordici vite, quattordici artisti pronti a salpare.

Due anni di lavoro in una serata di saluti. “Exit” è questo, innanzitutto. Il traguardo di un percorso, non solamente fisico e tecnico, ma anche artistico e mentale. Umano, nella sua completezza. Al primo anno della Scuola di Cirko Vertigo, entrano giovani artisti con speranze e sogni. In due anni può succedere ogni cosa. Si può cambiare la propria tecnica, persino l’attrezzo che ti fa compagnia. Ci si confronta: c’è chi trova conferme e chi accresce i propri dubbi. Chi al primo mese ha già capito la propria strada. Chi  la troverà all’undicesimo.

Questo è fare scuola, questo è imparare. E poi diplomarsi e accedere ad altri enti formativi, i più grandi e prestigiosi d’Europa.

“Exit” non è una semplice serata. E’ il frutto di un percorso che, a ben guardare, racchiude tutte le fasi della strada fatta. E subito diventa spettacolo in viaggio: gli allievi, ormai divenuti artisti, attraversano con Cirko Vertigo piazze e manifestazioni italiane e francesi, incontrano il pubblico e crescono ancora una volta.

La nostalgia di casa, il sentirsi se stessi, l’accettarsi, il cambiamento. Sono i temi che in questo  nuovo lavoro segnano le performance, un filo teso che unisce quasi tutti i quadri.

Il bisogno dei giovani artisti di usare l’attrezzo e il palco per comunicare. La conferma che  raccontare, con ogni mezzo lo si voglia fare, è una necessità.

Infine una nota “registica”. La collaborazione artistica di Milo Scotton. Docente della Scuola, il suo compito in EXIT è stato quello di portare i ragazzi in scena, seguirli, indirizzarli. Una supervisione, la sua, nata giorno dopo giorno, già nelle settimane di lezione, concretizzata nelle lunghe prove in chapiteau. Un lavoro che non è stato sola “direzione”, ma anche affetto, creazione del gruppo, insomma, CURA verso il futuro del Circo.

Vi aspettiamo in piazza. Il prossimo appuntamento di Living Circus ci vedrà protagonisti domenica 5 giugno a partire dalle 19.00 nella piazzetta del Centro Commerciale Parco Dora. Veniteci a trovare…

Al prossimo #sundaybrunch

Alberto Dellacroce
Foto di Franco Rodi

con
Sara Albini / Svizzera – Trapezio
Marta Calvo Sanchez / Spagna – Roue Cyr
Carla Carnerero / Spagna – Giocoleria e Palo Cinese
Luca Carozza / Italia – Slack line
Hada Belen Celedon Moraga / Cile-Germania – Tessuti e trapezio doppio
Elena Damasio / Italia – Roue cyr
Luigi De Maglie / Italia – Scale e trapezio doppio
Sofia De Micheli / Argentina – Trapezio
Nancy Di Marcoberardino / Italia – Tessuti e cinghie
Rosalinda Esposito / Italia – Tessuti
Alice Giacomini / Italia – Mano a mano
Alessio Martelli / Italia – Mano a mano
Rocio Belen Reyes Patricio / Argentina – Trapezio fisso
Jonnathan Rodriguez Angel / Colombia – Verticali e filo teso
Amanda Rodriguez Sousa / Brasile – Corda verticale
Michail  Tomazos / Grecia – Corda molle
Kevin Lukas Vaca Medina / Colombia – Giocoleria e roue cyr

Coordinamento artistico
Milo Scotton

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MICHELA La prima macchina fonostenografica

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Da S. Giorgio Canavese prende il via la terza edizione di LIVING CIRCUS 2016 – Festival diffuso di Arte Performativa Contemporanea che tocca oltre trenta comuni sul territorio piemontese, ligure, emiliano, valdostano e lombardo con una tappa internazionale, a La Cascade, Francia. Living Circus è circo che viaggia, che incontra il pubblico, che accende le piazze. Ed è proprio “on the road” che abbiamo trovato una nuova storia da raccontarvi nel nostro #sundaybrunch.

Era il tempo in cui le parole viaggiavano su filo, lente, lente, poi sempre più veloci. Era il tempo del telegrafo e di grandi italiani che raccontavano al mondo come parlare a grande distanza.

Il suo nome è “Michela” ed è la prima macchina fonostenografica costruita al mondo, utilizzata ancora oggi all’interno del Senato della Repubblica Italiana. Era la metà del 1800 quando venne inventata da Antonio Michela Zucco, piemontese. Questa innovazione avrebbe vinto nel 1881 la medaglia d’oro all’Esposizione di Milano e nel 1884 a quella di Torino.

La sua “macchina Michela” continua infaticabile a mettere a verbale le riunioni del Senato della Repubblica italiana, ma anche quelle del Congresso Usa, del Senato canadese e di tante altre assemblee legislative nei cinque continenti, oltre che, date le origini, del Consiglio regionale piemontese – si può trovare scritto sul portale web del Comune di S. Giorgio Canavese.

“Michela” è una sorta di “pianola” che oggi, collegata a un computer, ma sostanzialmente immutata nei meccanismi, troneggia in mezzo all’aula di Palazzo Madama. Pochi sono coloro che la sanno utilizzare, i “michelisti”, che solo dopo studio ed esercizio arrivano a comprenderne i meccanismi e a maneggiarla a dovere. “Michela” è prima di tutto un metododo di comunicazione, un sistema per stenografare che, nell’animo del suo inventore, avrebbe dovuto svilupparsi per divenire rapidissimo. Fu però scavalcata da una nuova “scoperta” e il suo potenziale non fu più studiato. Venne infatti scoperta l’onda, e arrivò la RADIO!

“Michela” resta tutt’ora un esempio di innovazione e progresso che smuove il territorio in cui è nata. San Giorgio Canavese infatti non si è fermato alla storia e alla memoria. “Terra di innovatori per tradizione” oggi percorre interessanti progetti di Smart Community, rete, intergazione. Mobile, video, nuove tecnologie per unire le persone e i territori.

E il II MERCATO DELLE TERRE E DELLA BIODIVERSITA’, una due giorni di kermesse che coinvolge strade e piazze del paese, il 7 e l’8 di maggio, diviene il contenitore in cui raccontarsi e confrontarsi con i diversi territori, italiani ed europei… e nel quale godere del circo e della musica con cui Cirko Vertigo saprà invadere ogni spazio (SCARICA IL PROGRAMMA).

Alberto Dellacroce

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16/04. Una serata in omaggio a Sergio Martin

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Sergio Martin: “Amo stare con chi non ha voce cercando di potergli passare un megafono”

Il protagonista di questa storia è Sergio Martin. Professione organizzatore. Vocazione teatro comico. Sarà lui l’ospite d’onore della serata del 16 aprile al Teatro Le Serre, con la compagnia Donati & Olesen in “Teatro ridens” e la partecipazione straordinaria di Luisella Tamietto del duo Le Sorelle Suburbe. Martin è stato un vero pioniere per la Torino che ride, ha saputo scommettere e rischiare, intercettando segmenti non ancora “in voga” (per esempio la milonga nella Torino Anni ’90) o producendo artisti, come fu per vent’anni proprio con Donati & Olesen. Una Torino che oggi è ancora viva a Cirko Vertigo.

Io, Sergio Martin, l’ho conosciuto in piazza, al lavoro, come sempre. Da subito ne ho ammirato il garbo, quell’aspetto tutto “stropicciato” e scanzonato, camicia sbottonata e giacca azzurra e un poco lisa, mani ben cacciate in fondo alle tasche, segnale di una timidezza mascherata da quel largo sorriso.

Sorrisi e gioia, appunto.

Sono arrivato a Torino per amore – racconta –. Avevo conosciuto Gianna Franco mentre dirigevo il Teatro Ristori di Verona. Arrivarono lei e tutto il Granserraglio con uno spettacolo sulla Boxe e una serie di personaggi strani. Ma, dopo l’incendio dello Statuto di Torino, mi chiusero il teatro: le commissioni di vigilanza non amavano assumersi responsabilità”. Era il 1983. Seguirono l’esperienza di  Emmecinque e le mostre su Dario Fo ed Eduardo a Milano e Roma. Poi la rinascita del Festival di Chieri – “dove conobbi Natalino Contini, con lui andammo a Stoccolma a presentare la mostra su Fo e Rame, il “teatro dell’occhio”, fu un successo tale che ci piace pensare che sia in parte anche colpa nostra se poi gli assegneranno il premio Nobel” – e infine, con Gianna Franco, l’apertura del teatro Juvarra di Torino nel 1988.

Le scommesse mi hanno sempre stimolato e mi misi al lavoro con Gianna, Richi (l’artista Richi Ferrero, nda) e una parte della banda del Granserraglio. Accogliemmo la stagione del Cabaret Voltaire e di Eduardo Fadini (a cui avevano chiuso la sala di via Cavour, nda). In quell’anno nacque anche mio figlio Giacomo, cadde il muro di Berlino e morì il mio caro amico Marco Lombardo Radice”.

Il Teatro Juvarra fu una novità per quegli anni: sorta al posto della vecchia sala Artigianelli, chiusa dai giorni dello Statuto, venne rimessa a norma con un investimento di oltre due miliardi di lire. “All’inaugurazione invitai Paolo Conte e lui accettò. Andò Luca Baraldo a prenderlo e riportarlo nella sua Asti perché impegnato a cena con l’allora presidente del Consiglio Goria”.

Fare teatro non è semplice, ma le idee buone a volte vincono. “Mi venne in mente di aprire un locale e con l’architetto Eugenio Musso ci facemmo assegnare dall’Opera Pia un’area magazzini attigua al teatro e iniziammo a lavorare per dargli autonomia”. Nacque così il Cafè Procope, in omaggio al primo locale culturale di Parigi, aperto da un siciliano nella metà del 1600. Lo spazio fu una vera fucina di talenti, in piena libertà e autonomia. Si avvicendarono qui rassegne innovative e furono di casa nomi come Furio Di Castri, Igor Sciavolino, Paolo Pietrangeli, Giovanna Marini, Paolo Ciarchi, Enzo Del Re, Fausto Amodei, Claudio Lolli, nomi internazionali come Odetta John Rembourn e Mal Wandron, fino a I Soggetti e Luciana Littizzetto. “Era uno spazio dove ci si poteva cimentare a fare senza obbligatoriamente riuscirci. Quando sono a Torino, c’è ancora qualcuno che mi ferma e mi ringrazia per quelle serate”.

E oggi? Si può rischiare ancora? “Sono convinto che la crisi possa essere positiva e aiuterà gli onesti e quelli che credono nel lavoro che fanno”.

Dietro a un grande artista, quasi sempre, c’è un buon gruppo di lavoro. E soprattutto, un buon organizzatore di cultura. “Non credo di aver cambiato vite con il mio lavoro, ma forse ne ho salvata qualcuna. Ero con Dario Fo e Franca Rame quando venivano contestati e attaccati da tutte le parti. Ero con Francesco De Gregori quando la sinistra extraparlametare lo rinnegava. Ero con Alan Sorrenti quando gli amici di stampa alternativa lo contestavano a Licola”. Chi è Sergio Martin? Per usare le sue parole, uno che “ama stare con chi non ha voce cercando di potergli passare un megafono”.

Alberto Dellacroce

Sabato 16 APRILE ore 21.00
Donati & Olesen, Teatro Ridens
Omaggio a Sergio Martin
con la partecipazione straordinaria di Luisella Tamietto
Teatro Le Serre, Via Tiziano Lanza, 31 a Grugliasco

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